ATMOSFERE INUSUALI E COINVOLGENTI

Recensione recital del 9 gennaio 2016 presso il Teatro Comunale di Ferrara

Mara Paci, Soprano

Salvatore Margarone, pianoforte

Recensione di Federico ScatamburloDSC_2185.JPG

http://www.lideamagazine.com/atmosfere-inusuali-e-coinvolgenti-recensione-del-recital-di-salvatore-margarone-e-mara-paci-a-ferrara/

La Giovanna d’Arco Verdiana alla prima della Scala : Un successo inaspettato!

di Salvatore Margarone

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Inaspettata splendida prima alla Scala di Milano per l’avvio di questa stagione 2015/2016.

Questa sera si è compiuto il miracolo nel teatro d’opera più famoso al mondo. Un teatro stracolmo attendeva  l’inizio di quest’opera, che ha avuto qualche intoppo a seguito della rinuncia del baritono Carlos Álvarez, nel ruolo di Giacomo, per indisposizione fisica, sostituito da Devid Cecconi; una strepitosa Anna Netrebko, nel ruolo di Giovanna, ed un perfetto Riccardo Chailly sul podio dell’orchestra della Scala, hanno reso questo inizio di stagione indimenticabile.

Erano molti anni che quest’opera era assente dai cartelloni del teatro che ha visto il suo debutto nel lontano 1845; la voce soave della Netrebko  aleggiava nel teatro con una semplicità ed una tecnica invidiabile, precisione certosina, mai una difficoltà, una mancanza, una distrazione! Interpretazione che si ricorderà sicuramente, piglio sicuro, filati invidiabili, gusto musicale come poche sue colleghe.

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Carlo VII interpretato da Francesco Meli a dir poco perfetto! Anche se ogni tanto emergeva un po’ di emozione per il ruolo interpretato ed il luogo che incute comunque un po’ di paura; la Scala è sempre la Scala!

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Un bellissimo legato di fiato contraddistingue questo tenore tutto italiano di cui andar fieri; il ruolo di Carlo VII non è affatto semplice, per tessitura, vocalità, interpretazione, richiede un controllo perfetto dell’organo vocale e della emissione della voce, infatti, Francesco Meli, è ben inserito nell’ambiente “belcantistico” dove si è imposto sin da giovane tra i molti per le sue qualità.

In merito al grande Riccardo Chailly, si riporta la descrizione apparsa sul sito web del Teatro alla Scala:

“Il primo 7 dicembre di Riccardo Chailly nelle vesti di Direttore Principale non poteva che essere dedicato a Verdi. Giovanna d’Arco vide la luce alla Scala il 15 febbraio 1845 e vi tornò per l’ultima volta il 23 settembre 1865, 150 anni fa; a dispetto della sua relativa rarità, è un lavoro di altissima qualità musicale come ha dimostrato il successo della ripresa in forma di concerto a Salisburgo nel 2013, supportato dalle voci di Anna Netrebko e Francesco Meli. Alla Scala gli stessi artisti,… saranno protagonisti nella produzione di Moshe Leiser e Patrice Caurier. Tra i sostenitori di questa partitura in cui Verdi aveva già anticipato musica di altri grandi titoli come Simon Boccanegra o Don Carlo, spicca Riccardo Chailly. L’inaugurazione della stagione torna ad essere per il Teatro un momento di forte identità e nello stesso tempo un’operazione culturale di riscoperta della vastità del repertorio italiano.”

Miglior ovazione non poteva esser fatta per uno dei più grandi Direttori d’Orchestra di oggi.

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Belle le scene, però un po’ statiche, ma d’altra parte l’opera non si presta a tanto movimento, anche se è composta da un prologo e tre atti; interessante trovata quella di accatastare mobili sulla scena, sedie rovesciate, mobilio vario un po’ in disordine sul palcoscenico, la presenza della croce, e tanti altri simboli che servivano a rimarcare quella morte e trasfigurazione della protagonista. Belli i costumi, essenziali, ma almeno non proprio moderni come è ormai consuetudine dei costumisti odierni.

Pubblico in delirio alla fine dell’opera, esplodendo con applausi scroscianti ed urlando “Bravi, Bravissimi!”, per essere alla Scala non è cosa così scontata.

Si può solo dare quindi un giudizio più che positivo a questa apertura di Stagione 2015/2016 della Scala di Milano, nella speranza che si prosegua con questa perfezione, è molto tempo che non la si ha!

Bravi, bravissimi!!!

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Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova produzione Teatro alla Scala

 

Durata spettacolo: 2 ore e 30 minuti incluso intervallo

 

Direttore Riccardo Chailly
Regia Moshe Leiser
Patrice Caurier
Scene Christian Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Christophe Forey
Video Etienne Guiol
Movimenti coreografici Leah Hausman

 

 

INTERPRETI

Carlo VII Francesco Meli
Giovanna Anna Netrebko (7, 10, 13, 15, 18, 21, 23 dic.)
  Erika Grimaldi (2 gen.)
Giacomo Carlos Álvarez
  Devid Cecconi (7 dic.)
Talbot Dmitry Beloselskiy
Delil Michele Mauro

PHOTO BY CORRIERE.IT; TEATRO ALLA SCALA; RAINEWS.

La Musica in Italia: Arte distrutta?

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Da anni ormai stiamo assistendo ad un declino di quell’arte, la Musica, che in Italia in special modo,  non si sta evolvendo come dovrebbe e come invece sta accadendo in altre nazioni vicine e lontane.

Un sistema viziato che negli anni ha fatto in modo di far morire l’Arte più alta tra le Arti.

Purtroppo, ci si riferisce in special modo all’ambito operistico e classico, l’ignoranza la fa da padrone, in quanto, per un populismo ormai radicato, è divenuta impossibile la naturale evoluzione di cui si avverte la necessità.

Si, populismo, perché purtroppo è anche colpa del pubblico che oggi frequenta teatri e sale da concerto, che con la propria “ignoranza” pretende di imporre le varie stagioni in questi enti.

Si constata ciò in quanto in altre nazioni, come ad esempio la Germania, l’Austria, la Francia o l’America, vi è una varietà di proposte che il pubblico segue e comprende; sicuramente la risposta è una sola: in quanto Arte, la Musica, ingloba in sé diversi ambiti: Letteratura, Storia, Filosofia; ambiti questi che purtroppo, in Italia, sono ormai diventati secondari  se non indifferenti.

Invece, a parere di chi scrive, sono tutti collegati fra di loro, l’uno non prescinde l’altro, nel senso che una Nazione come l’Italia, che di Cultura potrebbe vivere e vendere, non c’è quell’attenzione e quell’interesse per far sì che il popolo si evolva culturalmente.

Se facciamo un passo indietro di soli 200 anni, prendendo ad esempio la Germania, constatiamo che  la cultura veniva messa al primo posto: non si era un musicista completo e credibile se non si avevano solide basi Teologiche, Filosofiche e Letterarie; infatti, se vogliamo ricordare bene le cose, proprio in Germania nasce quella corrente letteraria che gettò le basi e che costrinse i molti compositori dell’epoca a cambiare i loro stili compositivi e, di conseguenza, cambiare i gusti del pubblico. Stiamo parlando del Romanticismo che, agli inizi degli anni ’20 dell’800, sconvolse tutte quelle sicurezze e forme musicali assodate del tempo classico.

Ma andando ancora avanti si arriva alla fine dell’800, epoca in cui vennero rimesse in discussione le tesi sostenute dal Romanticismo, portando quell’evoluzione letteraria e quindi musicale che fece nascere le varie correnti letterarie come il Simbolismo, l’Espressionismo, ecc… apportando così quei cambiamenti culturali da cui nacquero compositori di tutto rispetto: Debussy, Ravel, Wagner,  Strauss, ecc…

Passando all’Italia, invece, tutto ciò sembra che non l’abbia nemmeno sfiorata: l’alta Arte della cultura germanica non ha minimamente sfiorato la nostra Nazione, quando invece doveva prenderla ad esempio. Proprio in Italia, culla dell’opera e di fior fior di operisti e compositori, di letterati, poeti, ecc… , siamo rimasti ancorati a quel senso populistico della musica in quanto tale.

Già a partire dal Romanticismo, in Italia, non vi è stato quel coinvolgimento musicale, ne tanto meno successivamente, che ha portato a quell’evoluzione culturale che in altri paesi ha avuto luogo.

Il motivo? La poca cultura del pubblico, che è sempre rimasto volutamente ancorato a degli stereotipi di musica apparentemente romantica e post-romantica.

Difatti, oggi cosa possiamo sentire nei teatri o nelle sale da concerto? Sempre la stessa musica…!

Perché? Per il motivo sopracitato, la mancata evoluzione culturale!

Si è vero che l’Italia è patria dell’Opera, ma è anche vero che l’Opera è popolare, quindi di conseguenza, deve compiacere il pubblico; pubblico che, ancora oggi, se non gli si fa sentire Verdi o Puccini non va a teatro snobbando tutto il resto.

Se il cultore così vuole essere chiamato, deve adempiere a quei cambiamenti che il tempo gli impone, così come avveniva 200 anni fa; non basta andare a teatro per una serata mondana, andare a teatro significa andare ad una serata di cultura! Ma ci si rende conto che la massa ormai si reca in questi luoghi quasi per moda, non comprendendo quello a cui assiste.

Ecco perché i cartelloni dei teatri o delle stagioni concertistiche sono ormai tutti uguali e sempre con gli stessi titoli.

La colpa di ciò non è solo del pubblico, ma soprattutto dei musicisti che non osano nelle proposte e guidando così il pubblico a quel cambiamento che oggi necessita.

Oggi si parla tanto di musica contemporanea, ma non se ne sente quasi nulla in giro, anzi, viene quasi evitata perché non la si comprende e non si vuole fare fatica per comprenderla.

Allora l’Arte della Musica così facendo è già distrutta.

Non ci lamentiamo se ascoltiamo sempre le stesse opere liriche, gli stessi Studi di Chopin, le Sonate di Beethoven, è già tanto se sentiamo buone esecuzioni.

E non si osi proporre qualcosa non in lingua italiana! Guai!

I commenti sarebbero “…non capisco cosa si dice!…”, anche se non si capiscono le parole la musica è fatta soprattutto di note!

L’arte va coltivata giorno per giorno, proprio come un orticello, solo così le piccole piantine cresceranno e daranno i loro frutti.

Pubblicato anche su: www.lideamagazine.com/le-opinioni-la-musica-in-italia-arte-distrutta/